Bhakti, una relazione d’amore con la vita
I fedeli camminano svelti verso il tempio, sembra li guidi un’urgenza, come quando devi incontrarti con una persona cara, per raccontarle qualcosa di importante. Sono scalzi, incuranti del pavimento reso rovente dal sole di tarda mattinata. Gli uomini indossano camice all’occidentale o semplici kurta, le donne sono bellissime, eleganti nei loro sari colorati.
Il caldo mi si appiccica alla pelle, l'aria è densa, polverosa, affollata di odori, quello metallico e grigio dello smog, il profumo stordente di incensi e fiori, quello bianco, dolciastro dell'olio di gelsomino che usano le indiane per lucidarsi i capelli e, di sottofondo una serie di odori pungenti, di umanità, di povertà anche. La strada è piena di tuc tuc, moto, biciclette, pedoni, qualche mucca inspiegabilmente placida, nonostante il frastuono dei clacson, suonati incessantemente. Intorno a me numerose bancarelle vendono frutta, verdura, tanti fiori, collane votive di fiori di tagete, molti espongono la merce direttamente a terra, su coperte di cotone colorate. L’aria sembra ribollire, ho i sensi eccitatissimi e mi sento come in allerta, non sono preparata a tutta questa vita, per assurdo, la percepisco come un pericolo.
Cammino anche io verso il tempio, lentamente però. Sono molto attenta a dove metto i piedi, incapace di abituarmi all’obbligo di togliere le scarpe per entrare nei luoghi sacri. Camminare scalza per le strade indiane, anche se sono pochi metri prima di entrare nel tempio, mi mette a disagio, vedo sporco ovunque; ho l’impressione che l’India sia sommersa dalla plastica, dai rifiuti e nessuno sembri farci troppo caso. Appena varco la porta principale del tempio tutto si trasforma e mi trasfroma: lo spazio ospita diverse struttura architettoniche, si dispongono in modo ordinato intorno ad un grande spazio vuoto, tutto è pulito e c’è silenzio. Il corpo risponde a questo cambiamento di prospettiva come un’elastico che improvvisamente perde tensione: il respiro rallenta, il corpo diventa morbido.Mi metto in coda ad altri pellegrini per raggiungere il cuore del tempio, una stanza piccola, non illuminata, a cui si accede tramite un lungo e stretto corridoio. Gli indiani non conoscono distanza, mi si appiccicano addosso, sono miliardi e non temono la vicinanza. All’inizio un pò mi disturba, poi mi lascio trasportare da questa onda di gesti e preghiere sussurrate, fiori e offerte di denaro strette tra le mani. Continuo a ripetere il mantra, cerco di allentare quel senso di disagio latente, come se mi stessi intrufolando ad una cerimonia a cui non sono stata invitata. Mi fermo davanti ai sacerdoti per ricevere la tilaka, il segno auspicioso fatto sulla fronte con pasta di vibhuti (cenere consacrata) pasta di sandalo o kumkum, una polvere rossa a base di curcuma. Giro tre volte intorno alla murti, il lingam è ricoperto di fiori, lucido di burro: om namah Shivaya, om namah Shivaya, om namah Shivaya… non esiste altro: chiunque tu sia , sei nel posto giusto. Il flusso di fedeli mi spinge verso l’uscita e dopo pochi minuti mi ritrovo all’aperto. Ci metto qualche secondo a riabituarmi alla luce accecante del sole e rimango per qualche secondo ferma, come ad annusare l’aria. I piedi si sono abituati al calore del pavimento, sembra quasi più fresco, ma forse è un gioco della mia mente.
Alla mia sinistra c’è un piccolo tempio, uno spazio rialzato a cui si accede da una scalinata. Diverse colonne disegnano lo spazio, alcune persone siedono in silenzio, gambe incrociate, gli occhi chiusi, al riparo dal sole. Salgo i gradini e mi siedo. Tre lunghi respiri, sento il peso del corpo scaricarsi a terra, la colonna estendersi, ritrovo la quiete di gesti conosciuti, di una postura divenuta comoda col tempo e con la pratica quotidiana. Inizio lentamente a rilassarmi, la mente cullata dal ritmo del respiro. Piano, qualcosa di potente mi radica a terra, mi rende pesante , compatta, stabile e poi lentamente, espande il centro del petto. Prima una pressione che diviene calore, uno spazio caldo che si allarga, mi allaga… forse la suggestione, più probabilmente la devozione di migliaia di persone che prima di me hanno meditato all’ombra di queste colonne ma non importa. Mi distraggo, poi ritorno. Qualcosa si muove sotto pelle, si annoda alla gola e poi si scioglie, mi scioglie ed io improvvisamente, meravigliosamente, piango.
Tutto è sacro, io sono sacra e la vita è un dialogo continuo e costante tra il suo volere e il mio e tutto, tutto, trova il suo senso solo attraverso l’amore. Vivi, vivi e basta. Ama, ama e basta, non c’è niente di cui avere paura.
Il termine sanscrito bhakti deriva dalla radice verbale bhaj dai molteplici significati: distribuire, donare, coltivare, adorare, amare, ed indica un profondo e assoluto amore per Dio, una devozione emotiva che si manifesta con un desiderio appassionato di unione col divino. Si trovano tracce di bhakti già in ambito vedico ma la dottrina della Bhakti si affina principalmente intorno alla figura di Krishna per poi consolidarsi in precisi movimenti religiosi a partire dal VII secolo nell'India meridionale. Raggiunge il suo apice intorno al XV-XVII secolo, sopratutto nella cultura tamil. I testi più importanti del movimento bhakti sono la Bhagavad Gita, il Bhagavata Purana e i Bhakti Sutra di Narada.
Il Bhagavata Purana (VI-X sec. d.C), celebra Visnu/Krishna, inteso come Bhagavat, il glorioso e classifica nove forme di espressione della Bhakti:
-Sravana: l’ascolto dei nomi e delle gesta divine
-Kirtana: il canto dei nomi e delle gesta di Dio
-Smarana: la ripetizione mormorata o mentale dei nomi e delle gesta divine
-Pada-sevana: l’asservimento ai piedi di Dio
-Archana: la pratica cultuale
Nei Purana vengono indicate pratiche precise seguite scrupolosamente ancora oggi dalla maggior parte dei devoti indubbiò: la recitazione degli inni, i pellegrinaggi nei luoghi santi, la ripetizione del nome di Dio e i riti di adorazione.
La relazione tra il devoto -bhakta- e la divinità - istha devata- è una relazione intima, personale, che pervade l’intera esistenza: ogni gesto, ogni attività quotidiana è volta alla celebrazione della volontà divina. Si crea una profonda vicinanza, che implica un’ arrendersi, un totale donarsi a Dio e alla sua volontà, tutto diviene offerta, ringraziamento, dono.
Nella pratica dello yoga vi è un termine- seva- che può essere tradotto come servizio disinteressato.Esistono due forme di Seva : il Bahyika seva , il servizio verso l’esterno, verso gli altri essere viventi, che siano piante, animali o persone, che può essere di natura fisica o intellettuale e il servizio verso Dio, Antarika seva, che implica la propria sadhana personale e la bhakti, l’amore profondo verso Dio.Noi siamo abituati ad agire per manifestare la nostra volontà nel mondo, il seva cambia questa prospettiva, trasformando ogni nostra azione in uno strumento per permettere alla volontà della vita di manifestarsi attraverso di noi.Nella relazione tra noi e la vita, nessuno svolge un ruolo passivo, tra noi e la realtà intorno a noi, c’è sempre una reciproca responsabilità creativa, uno scambio continuo, una co-partecipazione attiva, che costruisce chi siamo e la realtà che abitiamo.Vi è uno spazio vuoto tra ciò che accade e la risposta che diamo a ciò che accade, è in quello spazio che costruiamo la nostra relazione con la vita, dando forma alla nostra realtà.
La bhakti ci invita ad abitare quello spazio con l’amore e non con il controllo, ci invita a celebrare la vita attraverso il nostro lavoro e le nostre relazioni, donandole ogni nostro talento ed anche, ogni nostro limite. Nessun merito, nessun demerito, solo permettere alla vita di attraversarci e attraverso di noi, essere.Noi non abbiamo nessun controllo su ciò che ci accade, questa è la verità, la vita è un fiume che ci attraversa e forse, vale la pena fidarsi, del fiume e delle nostre capacità di fluire con l’acqua… e meglio ancora, quando e se riusciamo, amarlo profondamente quel fiume, amarlo così tanto da sentire che siamo il fiume stesso e che quel fiume rappresenta la nostra opportunità per tornare ad essere mare.
La newsletter di yoga lover vuol essere uno strumento attraverso il quale donarvi approfondimenti e ulteriori contenuti legate ai corsi e ai temi trattati nel blog o emersi nei miei studi e nella mia pratica personale; parlarvi di cucina, uno dei miei argomenti preferiti, di libri, di ayurveda e di stili di vita e informarvi su workshop e collaborazioni che organizzo sia on line, sia, quando tornerà ad essere possibile, nella mia amata maremma. Uno spazio per avvicinarci e sentirci parte di uno stesso viaggio.